SIAMO STATI UNA FAMIGLIA FELICE, HANNAH BEGBIE. Recensione.


Titolo: Siamo stati una famiglia felice
Autore: Hannah Begbie
Editore: Fabbri Editori
Pubblicazione: 25 settembre 2018
Genere: Narrativa
Prezzo: € 8,99 ebook; € 16,00 cartaceo


La figlia di Cath e Dave, Mia, ha solo venticinque giorni di vita quando le viene diagnosticata una grave malattia genetica, la fibrosi cistica. Già scossa dalle ferite che gli estenuanti tentativi per rimanere incinta hanno aperto nel rapporto tra lei e il marito, davanti a questa notizia Cath sente il proprio mondo crollare. Ha bisogno di risposte, di informazioni che la aiutino a proteggere la sua bambina, tenendola al riparo da una moltitudine di minacce che sembra impossibile chiudere fuori dalla loro casa, dalla loro vita, lontano dal respiro di Mia. Inizia così a frequentare un'associazione che aiuta i genitori ad affrontare la malattia, e qui incontra Richard, padre di un'adolescente affetta dallo stesso male. In lui Cath trova immediatamente la protezione e la speranza che Dave non riesce più a darle, l'indulgenza e la leggerezza di cui ha bisogno. La loro è una collisione disperata e impulsiva che li libera entrambi, una scintilla in cui bruciare di vita, per un attimo, e allontanare il senso di pericolo di un'esistenza che si è fatta precaria, fragile e contaminata. Ma questa relazione avrà conseguenze rovinose, non solo per il matrimonio di Cath.
Intimo ed emozionante, vero, un romanzo che affonda dentro al cuore di una donna, nella tempesta del suo desiderio di amarsi, di sperare, di essere perdonata.


La malattia. La distruzione. Il lento e inesorabile scorrere del tempo che tutto muta. Cath sta affrontando la prova più difficile della sua vita: la sua bambina, Mia, nata da due mesi, ha la fibrosi cistica. Una spada di Damocle che pende sulla sua testa e che arriva in quello che avrebbe dovuto essere il momento più bello per lei e per suo marito. 
Hanno fatto esami su esami, tentativi dopo tentativi per avere Mia. È stato un percorso difficile, sofferto, ricco di aspettative. E poi, dopo appena due mesi di felicità, è arrivata l’ennesima notizia brutta, quella che ha fatto crollare il loro mondo. 
Ognuno ha reagito come poteva, si è rimboccato le maniche come poteva per andare avanti. Tra pianti, crolli, scivolate. Tra sorrisi rubati e appena accennati, baci a fior di labbra e abbracci delicati. Affrontano il dolore come meglio riescono, ma non sempre sanno restare uniti. 
La verità è che il loro matrimonio si sta sgretolando, non riesce a reggere a questa sciagura che si è abbattuta sulla loro famiglia nonostante gli sforzi e la volontà. 
Quando Cath inizia a frequentare un’associazione e conosce genitori che come lei soffrono per la malattia che affligge i loro bambini, le cose precipitano. Incontra Richard, un uomo interessante, maturo, che sembra saperne più di lei sulla fibrosi e sulle nuove scoperte in ambito medico e scientifico. Richard dice che c’è speranza, che le nuove cure sperimentali riusciranno a far condurre a Mia, e anche a sua figlia, una vita “normale”. E Cath ci crede, perché è di questo che ha bisogno: di credere in qualcosa, di una dose di ottimismo in vena, di sapere che qualcosa di buono è dietro l’angolo. 
Avvicinarsi a Richard significa mettere un punto d’arresto al suo matrimonio. Più Cath lascia entrare Richard e più suo marito Dave diventa un’ombra, un uomo con cui condividere le incombenze e il letto. La distanza tra loro aumenta sempre più, fino a diventare incolmabile. 
Come si affronta la malattia di un figlio tanto desiderato? Come si può andare avanti con il sorriso e con la voglia di lottare quando hai solo voglia di piangere e chiedere a Dio perché sia capitato proprio a te? 
Siamo stati una famiglia felice è un libro che è arrivato nella mia vita dopo la lettura di un altro libro altrettanto forte e spiazzante. Credevo che il livello di dolore e tristezza provati non potessero aumentare più di così, e invece mi sono rimessa in gioco. Ho sofferto ancora e ancora. Ho sentito il cuore squarciarsi, ridursi in mille pezzi più e più volte. 
E allora capii che esisteva un giusto livello per ogni cosa. Al di sotto si annegava, al di sopra si straripava. 
Leggendo la trama e l’inizio di questa recensione penserete che tutto gira intorno alla malattia di Mia, che il dolore sia causato da questo. In realtà non è proprio così. A farmi male è stata la relazione tra Cath e Dave, il suo evolversi, il suo sgretolarsi. Il racconto che fa l’autrice è senza filtri, maturo, realistico. È un racconto spoglio di retorica, essenziale, che arriva al nocciolo della questione. È delusione, rimpianto e rassegnazione. È cercare di ricucire un vestito ridotto a brandelli, riportandolo al suo stato iniziale, alla sua integra bellezza. È aprire gli occhi, giorno dopo giorno, e acquisire la consapevolezza – la dolorosissima sfiancante consapevolezza – che non è più possibile ignorare quelle cuciture e fingere che il vestito sia nuovo. È la consapevolezza che ago e filo non sapranno più aggiustare le cose, non del tutto. 
È la fine di un amore, di una famiglia, di un’unione. È la fine. 
Come se fossimo al sicuro parlando soltanto delle cose da fare: pannolini di taglia media e carote da segnare sulla lista della spesa, un biglietto per ricordarsi di prendere delle nuove siringhe in ospedale, di pulire il bagno. Qualsiasi deviazione da quei compiti – le cose fatte da Dave, le cose che volevo fare io, quelle che lui non faceva, quelle che io stavo già facendo – spesso conduceva a incomprensioni e tensioni, a toni di voce troppo alti e alle mie lacrime quand’ero da sola. Sembrava che ci parlassimo dai lati opposti di una strada trafficata, mentre il rumore copriva ogni espressione più complessa di semplici gesti e singole parole.
È un matrimonio che smette di esistere, due persone che finiscono di amarsi in maniera lenta e definitiva. Non c’è più sintonia, non si viaggia più sullo stesso binario, non ci si capisce più, non si desiderano più le stesse cose. 
È amarezza. 
Cath è la voce narrante, è lei a raccontarci di com’era la vita con Dave prima di Mia, com’è stato pregare di diventare mamma, com’è affrontare giorno per giorno la fibrosi cistica. È una lotta contro microbi, batteri, infezioni, medicinali. 
Vedremo questa donna cadere infinite volte, schiacciata dal peso della responsabilità. La vedremo ammettere di essere incapace di reggere a questo colpo, ammettere la sua fragilità a gran voce e non essere ascoltata. Razionalmente più e più volte ho imprecato contro di lei, pensando che a volte basterebbe dirsele le cose. Dirsele in faccia, urlarsele pure, se serve. Ma dirle. I silenzi logorano, separano, dividono. 
Il dolore che provavo peggiorò. La lama del coltello ruotò. La vita, alla fine, stava abbandonando il mio corpo come per un’emorragia. La punizione per tutto ciò che avevo causato. Una morte dentro di me.
Più volte ho pensato che Cath stesse scegliendo la strada più semplice da percorrere ignorando le sue responsabilità e rifugiandosi in un altro letto. Ho pensato che si sarebbe pentita, prima o poi. Ma l’attimo dopo mi sono detta che quando ci sei dentro tante cose non riesci a vederle e quelli che sono errori che portano una scritta a caratteri cubitali sopra ti sembrano l’unica via percorribile. 
Ho dato colpe grosse a questa donna; l’avrei scossa violentemente per farla rinsavire. Sono arrivata prima di lei a certe conclusioni. Ma ci sono stati anche momenti in cui ho compreso il suo stato d’animo e la sua condizione. Momenti in cui ho pensato solo che quello che è toccato a lei nessuna madre dovrebbe viverlo. 
Questo romanzo mi ha tolto il sonno. Mi ha regalato un viaggio unico e inaspettato in una vasta gamma di emozioni: dalle più negative alle più forti. Ansia, trepidazione, preoccupazione, malinconia, tristezza. Le ho provate tutte, a momenti alterni. Mi sono sentita Cath, poi Dave, poi di nuovo Cath. Mi sono schierata da una parte e poi dall’altra. Avrei voluto fare da paciere, aprire i loro occhi e provare a far funzionare questo matrimonio. Perché se due persone decidono di giurarsi amore eterno, quest’amore non può sparire. Finisce da qualche parte, si nasconde, e allora basta andare a cercarlo, scovarlo. Bastavolerlo stanare, ovunque esso sia. 
Siamo stati una famiglia felice è un romanzo intenso, per cuori duri. Un romanzo che fa riflettere su temi importanti, su come la malattia cambi le persone, le relazioni, il nostro modo di vedere il mondo circostante. Un romanzo che vi consiglio di leggere perché saprà affascinarvi e coinvolgervi a trecentosessanta gradi, più di quello che pensate. 






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