LA STAZIONE DEI BAGAGLI SMARRITI, ORNELLA DE LUCA. Recensione.


Titolo: La stazione dei bagagli smarriti
Autore: Ornella De Luca
Serie: The Orphanage #3 (autoconclusivo)
Editore: Self publishing
Pubblicazione: 4 luglio 2018
Genere: Contemporary romance
Prezzo: € 0,99 ebook (pre-order)


Fratello e sorella per la legge. Anime gemelle per i loro cuori.

Daniel Wright vive secondo regole ben precise. 
Sa che ogni mattina deve svegliarsi due ore prima dell'inizio delle lezioni per andare a correre, farsi una doccia, prendere un caffè e attraversare la città grazie ai mezzi pubblici, arrivando al college almeno cinque minuti in anticipo. 

Sa che, finito il turno serale come barman, dormirà al massimo quattro ore prima di ricominciare la giornata ancora una volta. E ancora una volta.
Ogni minuto della sua vita è programmato con precisione chirurgica, e la medicina è proprio la sua vocazione.
Il presente è gestibile, il futuro è organizzabile, ma il passato non si può cambiare. 
É l'unica ferita che Daniel non sa suturare.
Ivory Wright è adrenalina pura. 
Ama viaggiare zaino in spalla, fare bungee jumping, sparare al poligono di tiro e scalare pareti rocciose.
Il brivido causato da ogni attività ad alta tensione l'aiuta a mantenersi in vita, come un defibrillatore che ha il potere di riesumare per un istante la parte di sé ormai morta.
La solitudine, il rifiuto, la povertà, la fame, l'autolesionismo, tutto può essere superato grazie al desiderio di esistere e di lasciare un segno in questo mondo.
Un obiettivo raggiunto grazie a "La stazione dei bagagli smarriti", il locale che ha aperto a New York con tanti sacrifici, un posto magico dove si realizzano i sogni delle persone e si ritrovano i "bagagli smarriti" degli sfortunati viandanti.
Peccato sia proprio la valigia contenente il suo cuore quella che Ivory non riesce a trovare. 
Il bagaglio dimenticato in una stazione deserta, nell'eterna attesa di qualcuno che è partito e non è mai più tornato. L'amore che la sorte le ha donato, che la sorte le ha tolto.
La stazione dei bagagli smarriti è un viaggio tra passato e presente nelle vite dei due protagonisti.
Dall'incontro che li ha resi prima amici e poi fratelli, alla gara contro il tempo per cambiare il corso degli eventi e perdonare infine se stessi.
Ma un testamento milionario, un segreto nascosto per viltà, un gatto pasticcione in cerca dei suoi padroni e una berlina scura appostata dietro l'angolo cambieranno le carte in tavola per sempre.
La stazione dei bagagli smarriti è il terzo volume della serie The orphanage, che segue le vicende di cinque amici, rimasti orfani e cresciuti insieme nella spettrale "Villa Sullivan".


Tutto inizia a Villa Sullivan, dove Daniel è un ragazzino dai capelli rossi senza famiglia, uno dei più responsabili e con la testa sulle spalle, e Ivory è una delle più piccole e scapestrate. Sin dal loro primo incontro, con Ivory ancora in fasce, abbandonata nella culletta posta davanti al cancello della villa, Daniel sa che quella bambina è speciale. La vedrà crescere, giorno dopo giorno, marachella dopo marachella, punizione dopo punizione. Insieme combatteranno la loro solitudine e il loro bisogno di appartenenza; mano nella mano diventeranno bambini, ragazzi e poi le loro strade finiranno per separarsi.
Il punto di riferimento l’uno dell’altra per anni: Ivory non può stare un giorno senza Daniel. È il suo migliore amico, l’unico che tenga veramente a lei e che la protegga qualunque cosa accada. Finché, un giorno, la famiglia Wright non si presenta alla villa con l’obiettivo di adottare un bambino. La scelta ricade proprio su Daniel, che sembra essere il bambino perfetto per diventare un giorno barone, degno erede Wright. Ivory non prende bene la notizia e fa una sceneggiata delle sue. Da ragazzina esuberante e spericolata che è sempre stata, si arrampica su un albero, fa un salto azzardato e ruzzola giù spezzandosi un braccio. La famiglia affidataria si mostra comprensiva e propone a Daniel di adottare sia lui che la bambina con i codini e i nastri colorati tra i capelli.
Daniel e Ivory diventano parte di una famiglia, diventano fratello e sorella. 
Mi piaceva l’idea di essere l’angelo custode di qualcuno. Le suore dicevano sempre che gli angeli ci proteggevano dal male, erano i nostri alleati invisibili e silenziosi. Decisi in quel momento, dentro il nido di Villa Sullivan, a soli cinque anni, che sarei stato il difensore di quella piccola bimba. L’avrei protetta come un fratello maggiore e non avrei permesso a nessuno di farle mai del male.
Continuano a spalleggiarsi, a non saper fare a meno l’uno dell’altra, finché il loro rapporto non subisce una battuta d’arresto e Daniel non abbandona la casa dei Wright. 
Passano dieci anni. Dieci duri, lunghi anni senza vedersi, senza sapere niente l’uno dell’altra, senza sentirsi. Un giorno, per caso, le loro strade si rincontrano e tutto il dolore, le mancanze, i rimpianti tornano a galla prepotentemente mettendo a rischio la stabilità emotiva di Ivory. 
Mi sono innamorata di questo romanzo più volte. La prima è stata leggendo la trama, che è molto esaustiva e dice tanto, forse anche troppo, dei personaggi, della loro vita e di ciò che hanno affrontato nella loro giovane vita. La seconda volta che mi sono innamorata di La stazione dei bagagli smarriti è stata quando ho iniziato a leggere delle vicende di Villa Sullivan, con Daniel e Ivory bambini. Mi sono perdutamente innamorata di Daniel, ragazzino sveglio, attento e responsabile. Ho adorato le prese in giro dei compagni su di lui, perché lo rendevano ogni volta più dolce e bisognoso di coccole ai miei occhi. Sembrava uno scricciolo con un cuore tenero dall’armatura forte. Indistruttibile ma al tempo stesso fragile e vulnerabile. E ho adorato Ivory, così ribelle, sfacciata e coraggiosa. Ho adorato questi due bambini così diversi, eppure legati nel profondo. Ho adorato il loro legame speciale, forte, e mi ha fatto pensare che è vero, nessuno può amare come amano i bambini: in maniera così leale e totalizzante, senza riserve. 
Mi sono innamorata di tutti i bambini del collegio, delle loro piccole bugie, dei loro caratterini e del modo in cui Ornella De Luca ha saputo raccontare tutto questo. 
La terza volta che mi sono innamorata è stata quando ho rivisto Daniel e Ivory insieme, adulti. È stata un’emozione grande, ho provato esattamente ciò che hanno provato loro. Vederli nel presente, a fare i conti con il passato ingombrante che si portano dietro, è stato emozionante quanto destabilizzante. Mi sono avvicinata ancora di più a Ivory e non ho potuto far altro che amarla di più. Quella ragazza amante del pericolo, sempre alla ricerca di emozioni forti, dentro è rimasta la bambina di un tempo, la bambina di Villa Sullivan bisognosa di cure e attenzioni, di rassicurazioni e d’amore. 
Che io ami i romanzi in cui ci siano i bambini è risaputo; che alcune autrici sappiano toccare certi tasti meglio delle altre anche. Ornella De Luca ha saputo non solo conquistarmi raccontando una parte della vita dei protagonisti da bambini, ma anche facendolo con sensibilità, dolcezza e tatto. È arrivata a toccarmi il cuore con la leggerezza di una piuma e, al contempo, con la forza di un uragano. 
Mi sembrava di aver appena iniziato la lettura, invece ero già al 40% e la paura di dovermi, a breve, separare da Daniel e Ivory mi ha creato un vuoto allo stomaco e la stessa paura della solitudine che entrambi hanno provato da bambini e in parte continuano a provare tuttora, da adulti. Senza rendermene conto mi ero inoltrata nelle loro vite, avevo imparato a sentire sulla mia pelle le loro emozioni e i loro timori e a riconoscerli come miei. C’ero dentro fino al collo. Giocavo dalla loro parte, mi battevo per loro e per il lieto fine che si meritavano dalla prima pagina. 
Ho letto Ornella De Luca per la prima volta con La sposa promessa, uno storico, e la sua bravura mi è stata subito nota. Con il contemporary credo abbia raggiunto un livello ancora più alto. In parte, lo ammetto, è un mio gusto personale, in parte sono certa che La stazione dei bagagli smarriti abbia una sensibilità in più, un tocco magico che non passa inosservato ed eleva questa storia a qualcosa di unico, profondo, malinconico. 
Daniel è il laccio che mi lega alla vita. L'orologio fermo a un'ora che non ritornerà più. Il cappello troppo grande che indosso nonostante tutto. Daniel è la cura alla malattia dell'esilio. È il lido a cui tornare, sempre.
Si parla di sentimenti veri, importanti, come l’amore, la famiglia, il bisogno di sentirsi parte di qualcosa. Si parla di rapporti umani basati sulla fiducia, sull’affetto, sul riconoscersi a pelle, con un solo sguardo. Si parla di quell’amore in cui ho sempre creduto fortemente: quello che ti cambia la vita in un istante, che arriva d’improvviso, quando meno te l’aspetti, senza che neanche tu te ne accorga, e poi ti stravolge. Entra nella tua vita e niente più è come prima. Tu non sei più quella di prima. 
«Ti confido un segreto», mormorai, premendomi contro il suo petto, con grande fastidio di Ronnie. «Sai qual è la parte più bella di un viaggio? Avere un posto in cui tornare sempre».E quel posto io l'avevo trovato in Daniel.
Un romanzo che non posso non consigliarvi perché tocca le corde del cuore più belle, perché emoziona, lascia un sorriso sulle labbra che sa di sensazioni belle e anche un po’ tristi. Un romanzo che resta nel tempo. Complimenti Ornella. 









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